Commento critico di Eugenio Manzato
"Diverse componenti sono all'origine dell'ispirazione di Massimiliana Sonego e ne sostengono la spinta creativa: se infatti la sua operosità d'artista si è attuata in maniera cosciente e costante in fase tardiva, ben dopo i quarant'anni, la vocazione all'arte è in verità precoce, risale a una infanzia in cui sentiva l'esigenza a disegnare di tutto, dalla sua casa agli oggetti di arredo, dai gatti domestici al ritratto dei genitori dormienti.
Vocazione incompresa e repressa, energia vitale incanalata in studi magistrali, ritenuti quanto mai adatti a una ragazza di buona famiglia, e poi nel lavoro, nel matrimonio e nella maternità. Emergevano di tanto in tanto pulsioni incontenibili, come per il cetaceo costretto a risalire alla superficie per dare ossigeno al respiro: ne dà testimonianza Vecchia casa un dipinto del '75, riscoperto a più di un trentennio di distanza nel 2007, insieme a pochi lavori a cui la incoraggiava il suocero, artista irrealizzato e pertanto partecipe del suo travaglio.
La presa di coscienza avviene in vista – sarà casuale? – di una mostra collettiva per l'8 marzo del 2002 a Pasian di Prato: fu maieutica nell'occasione la fiducia dimostrata dal fine critico Alessandra Santin, curatrice dell'esposizione, rimasta da allora vigile sostenitrice dell'artista fino al presente. Massimiliana vi espone nature morte di frutta e di fiori dal disegno deciso e intense di colore, di vaga ascendenza cézanniana, connotate tuttavia da un accento personale nella composizione, sobria ed essenziale, in cui entrano oggetti della sua realtà domestica: sono in particolare ricorrenti un tavolino dalla sagoma ondulata e un vaso da fiori di ceramica bianca.
Questa fase, che dura all'incirca un quinquennio, viene superata grazie a una coraggiosa decisione: nonostante la diffidenza che il suocero aveva tentato di instillarle nei confronti dell'istituto – “non fare l'Accademia, ti rovinano!” – Massimiliana si iscrive all'Accademia di Venezia e ne frequenta, famiglia e scuola permettendo, i corsi di nudo e di pittura. Più che gli insegnamenti valgono tuttavia gli esempi, i confronti, gli stimoli che vengono da insegnanti come Carlo Maschietto e Luca Bendini che sono innanzitutto artisti. E vale molto il clima che stimola alla sperimentazione, al superamento di schemi e alla messa in discussione di se stessi. Cosicché nella primavera del 2008, alla fine dell'anno accademico, in una mostra collettiva alla Fornace di Asolo l'artista presenta una serie di acrilici su carta in cui gli stessi oggetti presenti nelle precedenti composizioni vengono presentati scindendo i volumi dalle linee: “Lavori che nascono da un legame intimo con gli oggetti della vita quotidiana. Linee che delimitano tali oggetti e che si fondono in composizioni sintetiche, interrotte talvolta da fasci di colore che tendono a romperne l'equilibrio formale. In questo divenire apparentemente contraddittorio, emerge la volontà di conciliare gli opposti: forma e colore, luce e ombra, razionalità e intuizione”.
E' il punto di partenza per una nuova ricerca: svincolato dall'oggettività e dalle leggi della prospettiva il nuovo linguaggio permette a Massimiliana Sonego di rinunciare alla rappresentazione e di tentare invece di dar forma a una visione interiore. Viene così prendendo via via sicurezza e spessore uno stile profondamente personale, che fa capo esclusivamente alla sua memoria e al suo pensiero, al modo in cui persone eventi oggetti si sono archiviati nella sua mente: in questa dimensione è difficile scindere il prima dal poi, il sopra dal sotto. Massimiliana trova sostegno e ispirazione per questa alterità – un affascinante “altrove” – nelle pagine di Italo Calvino, di cui chiosa con disegni le pagine di un'edizione de Le città invisibili, fissando quasi in quest'atto il “progetto” delle composizioni che via via svilupperà.
Pertanto gli oggetti di cui rimane esile memoria di contorno – il vaso bianco, il carillon, la fruttiera, la sedia della nonna, comò e comodini, la poltrona rossa – hanno pari valore delle più astratte linee e zone di colore. E' un fluire senza stacchi di una liquida musicalità che trova la sua dimensione più appropriata nelle tele lunghe, ma che passa in realtà di quadro in quadro, dove ogni singola opera non è, in realtà, che il singolo frammento di un'unica composizione che potrebbe continuare all'infinito. E ne dà diretta testimonianza la sua più recente produzione grafica, laddove sono letteralmente ritagliate parti di una più ampia composizione.
Ma la sfida continua. In una recente riflessione – unico viatico a un catalogo per il resto “liber mutus” di sole immagini di opere fra il 2012 e il 2014 – Massimiliana confessa come si vadano sempre più offuscando e confondendo i confini tra quello che dovrebbe appartenere alla sfera delle certezze e ciò che invece rientra nella pura possibilità: “Nella vorticosa sovrapposizione di Tempo e Spazio, il pensiero perde i suoi rassicuranti riferimenti; i contenuti vengono liberati dai consueti significati e si impongono con nuove e sconosciute evidenze”.
Non si può che apprezzare tanta onestà intellettuale in un'artista che risponde alla propria ispirazione con così scoperta “verità”, unico criterio per il giudizio in un'epoca che ha rinunciato a canoni di riferimento. E ben più apprezzabile, al di là delle intenzioni, è il risultato sul piano artistico: apparentemente intellettuali ed ermetiche, le opere di Massimiliana Sonego richiedono in realtà impegno introspettivo e la stessa accuratezza nello sguardo che l'artista vi pone nell'esecuzione. Sublimate dalle passioni effimere e quotidiane assumono una dimensione universale: sono “tout court” opere classiche"
Commento critico di Alessandra Santin
"Le composizioni fluide danzano insieme allo sguardo in lettura. Le linee guida sono sempre morbide, inattese, sottratte alle regole strutturali e ai rapporti di misura. Per questo il godimento travolge lo spettatore, coinvolgendolo nel gioco di presenze e assenze, vuoti e confini ricolmi, relazioni possibili e suggestioni oniriche, a volte assurde, spesso impossibili.
Massimiliana Sonego può attribuire un valore universale a oggetti della propria storia, perché le vicende di cui parla hanno un andamento epifanico. Alcuni ricordi risplendono sopra gli altri per una superiorità ‘altra’, che è al contempo immediata eppure già antica. Ricordare non è capire ma rivisitare momenti passati come esperienze a sé stanti. Tutto questo diventa una vera e propria visitazione sempre nuova.
Gli oggetti presenti in volo confermano l’ipotesi bergsoniana della memoria come “processo centrifugo”, che non unifica ma scompone. Ciascuna presenza vuole essere una condizione mai fissa nell’interpretazione e nella comprensione, suscettibile di continue reinterpretazioni. Le opere di Massimiliana Sonego rivelano una realtà scomparsa ma passibile di nuove infinite emersioni, in un altrove costantemente rinnovato. Lo stesso allestimento in mostra, a carattere installativo, induce ad un’esperienza emotiva forte, di penetrazione in un luogo fluido, labirintico, sempre altro da sé, interrogativo, instabile, vivo, dunque pulsante di vita, destinato al Presente e all’Altrove. Ogni opera, così come la Mostra nella sua complessità ed interezza, rappresenta per Massimiliana Sonego la possibilità di cercare ed offrire un senso alla memoria e ai suoi inganni, all’enigma simbolico del tempo esperito"
(da catalogo mostra Memorie Altrove, 2015)